Ampliazione dell’articolo ‘’Parola d’ordine multitasking’’-Antonino Saggio
Bigness: Il
‘’Dark Side’’ dello Multitasking
Ampliazione dell’articolo
‘’Parola d’ordine multitasking’’-Antonino Saggio
‘’Lo Zoning rappresentava esattamente una concezione monotasking di ottimizzazione applicata alla città. La città era
divisa in parti omogenee, come fossero di nuovo sequenze di una catena di
montaggio: qui si risiedeva, qui si lavorava, qui si produceva eccetera’’-Parola d'ordine multitasking, Antonino Saggio
Questo articolo
si riferisce a uno multitasking che funziona in sintonizzazione con la città,
cioè, li complementi e lei li complementi alla infrastruttura multitasking. In
fine, lavorano in una simbiosi che si contrappone allo Zoning della città. Sull’articolo
vediamo diverse esempi dello multasking salutabile come l’incorporazione dello
verde al tram, una barriera acustica autostradale a Utrech o Il ponte Khaju in
Iran, e tutte hanno al meno una caratteristica in comune: la sua grandezza non
è tanto grande come per compararsi a lo che Koolhas denomina ‘’Bigness’’.
Rem Koolhas, nel
suo libro ‘’Bigness’’, da 1994, ci parla dal problema che significa l’architettura
una ''volta superata una certa scala''. Anche anni doppo quando
parla della città dello shopping come ‘’Junkspace’’, si potesse considerare,
segondo queste scritto, la città come un’archittetura dello Shopping Center e il
Shopping Center un’archittetura della città.
Il Bigness, allora,
diventa una ciclopica struttura multitasking, dove tutto può succedere, tutte
tipi di attività insieme sullo stesso luogo/edificio. La ''GRANDE DIMENSIONE'' è, per Koolhas, e inserendo
nel panorama dell’articolo, un edifico per definizione anti-zoning guardandosi
a se stesso; ma si lo guardiamo sul contesto urbano, della città preesistente,
non si può dire che rappresenta uno gigante zoning nel tessuto urbano, perché si
tratta di un fenomeno che esiste in una ideologia di ‘’Fuck the Context’’. Qui,
segondo l’autore, il ruolo del architetto non esiste e l’ambiente diventa un
ambiente 100% artificiale, cioè, completamente regolato per le machine e con una
estetica interna dove predomina la luce artificiale, il shopping, ecc; che risulta lasciando alla città come uno spazio residuale.
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